Camorra, il pentito: ‘Il boss Vastarella girava armato con il mitra per il quartiere’

“Anche quando le rare volte che Patrizio scendeva per farsi vedere nel quartiere sella del T-max guidato dal figlio Antonio, veniva sempre accompagnato su altro scooter da Lello Topo e Girolamo che camminavano armati. Una volta ho visto personalmente Patrizio Vastarella in sella di uno T-max condotto da Antonio suo figlio e l’ho visto seduto dietro con in mano una mitraglietta del tipo in dotazione alle forze dell’ordine”. E’ l’ennesimo episodio inedito raccontato dal pentito Rosario De Stefano sulla guerra di camorra negli ultimi  anni al rione Sanità. il collaboratore di giustizia li ha vissuti in prima persona e in prima fila. E testimoniano come fosse alto ( ma lo è ancora oggi) il rischio di scontri armati tra le varie famiglie camorristiche in guerra per il controllo dei traffici illeciti nel quartiere. I suoi verbali sono contenuti nelle 391 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmate dal gip Francesca Ferri con la quale il mese scorso è finito in carcere tutto il vertice dei Vastarella.
ha raccontato tra l’altro De Stefano: …” mi sono recato a casa di Patrizio Vastarella ed in queste occasioni ho sempre visto le persone suindicate; ricordo sempre che Lello Topo lo trovavo sul pianerottolo prima della porta di ingresso dell’abitazione di Patrizio Vastarella dove trovavo soltanto Dora col marito e qualche ospite occasionale; gli affiliati stavano o nei pressi dell’ingresso del palazzo o all’interno del palazzo, tra cui Lello Topo e Girolamo, altri nei pressi del circolo ed altri sugli scooter a girare nel quartiere armati. Faccio presente che chiunque volesse parlare con Patrizio Vastarella doveva annunciarsi a Lelluccio “o’femmenell “ ed esporgli il problema. Lelluccio, dopo una breve attesa, ti diceva se potevi salire o meno da Patrizio. Io personalmente sono sempre salito e non mi hanno mai fatto aspettare. Solo una volta non ho potuto incontrare Patrizio perché “Lelluccio o’ femmenell” mi disse che stava al paese con ciò volendo dire che era andato alla Masseria Cardone. Le volte in cui sono andato da Patrizio questi mi ha sempre invitato a far parte del clan ma, come ho già detto in precedenza, ho sempre preso tempo con vari pretesti e soprattutto gli dicevo che non ero affidabile perché facevo uso di cocaina e che avrei prima dovuto disintossicarmi. In queste occasioni gli fornivo quelle informazioni che mi chiedeva e che riguardavano i suoi avversari. Comunque mi chiedeva di riferirgli di eventuali pericoli che avrebbero potuto correre i suoi uomini. Così per esempio mi è stato chiesto di vedere se nel palazzo posto difronte al garage dove fu ammazzato “Francuccio o’mechei” ci fossero persone riconducibili al clan Esposito-Genidoni. Faccio presente che quando mi fece questa richiesta le famiglie di Pierino Esposito e di Antonio Genidoni erano state già allontanate dai Vastarella-Sequino e Mauro dal quartiere della Sanità e ricordo che per cacciarli gli saldarono addirittura le porte delle loro abitazioni ed a tal fine utilizzavano un fabbro che portavano con loro”.

Rosaria Federico

9. continua

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