Scafati, il sistema Aliberti, le riunioni elettorali e il metodo politico-mafioso: Lupo e Longobardi non tentennano

Scafati. Il patto politico-mafioso per le elezioni c’è stato. Non retrocedono i due testimoni sentiti nel processo Sarastra in cui sono imputati l’ex sindaco di Scafati Angelo Pasqualino Aliberti, politici e camorristi. Cadono nel vuoto i tentativi della difesa di far emergere contraddizioni e falle nel racconto dei due testimoni, Raffaele Lupo e Aniello Longobardi, sentiti nel corso dell’incidente probatorio che si è concluso ieri al Tribunale di Salerno, dinanzi al Gup Emiliana Ascoli. Un’udienza che si è conclusa solo nel tardo pomeriggio, verso le 17,30, con il controesame di Longobardi. In mattinata, l’ex consigliere provinciale e comunale Raffaele Lupo ha dovuto rispondere alle domande dei difensori degli imputati tra i quali quelli dell’ex primo cittadino, Gennaro Lepre e Giuseppe Pepe, che si erano riservati in diritto di rivolgere delle domande al teste della Procura antimafia di Salerno. Lupo ha retto ai contraccolpi, confermando il racconto fatto dinanzi agli inquirenti prima e successivamente nel corso dell’incidente probatorio. L’incontro con Andrea Ridosso per la candidatura alle comunali del 2013, il patto di Aliberti, sindaco uscente e nuovamente candidato, con gli esponenti del clan Ridosso-Loreto per avere voti in cambio di appalti e posti di rilievo nell’ambito delle istituzioni. Quell’anno, nel 2013, Lupo e Aliberti – per un periodo politicamente contrapposti – strinsero un’alleanza sulla lista ‘Grande Scafati’ nella quale confluirono gli appoggi dei Ridosso-Loreto e nella quale fu candidato l’allora zio di Alfonso Loreto, Roberto Barchiesi. Lupo, così come Loreto nel suo racconto dal pentito, ha ribadito che i giovani del gruppo emergente della malavita locale tentarono l’ascesa nelle istituzioni e negli appalti appoggiando Pasquale Aliberti, sperando nella sua elezione per avere in cambio una contropartita. Le dichiarazioni di Lupo diventano importante tassello per l’Antimafia nel processo che inizierà il sei giugno prossimo e a riscontro di quanto ha detto l’ex consigliere provinciale e comunale è arrivata la testimonianza dell’altro importante teste citato dalla pubblica accusa, l’imprenditore conserviero Aniello Longobardi. L’ex presidente dell’Acse, finito nella morsa dei Ridosso-Loreto, che gli avevano imposto la pulizia nelle fabbriche di famiglia, ha ripercorso su richiesta del pm Vincenzo Montemurro le vicende scafatesi. Longobardi, costituitosi parte civile nel processo per le estorsioni subite dal gruppo criminale, ha riferito alcuni episodi che riguardavano in particolare le elezioni regionali del 2015, quando Aliberti era stato impegnato per far eleggere la moglie Monica Paolino al Consiglio Regionale della Campania. Ha detto di sapere della riunione elettorale organizzata presso l’abitazione della zia di Gennaro Ridosso e dell’attivismo del gruppo per fare campagna elettorale per la moglie del sindaco da parte del gruppo, confermando sostanzialmente quanto raccontato da altri testimoni e riscontrato dagli inquirenti nel corso delle indagini, in particolare, dagli uomini della Dia-sezione di Salerno. A riscontro di quanto detto da Longobardi anche i numerosissimi messaggi registrati nel periodo pre-elettorale dai cellulari di Ciro Petrucci, componente del consiglio di amministrazione dell’Acse e uomo di fiducia dei Ridosso ed in particolare di Luigi Ridosso, attivatosi per convogliare a quell’appuntamento in via Luigi Cavallaro il maggior numero di persone possibili. Vano il tentativo della difesa, in particolare quella di Angelo Pasqualino Aliberti, di far emergere contraddizioni nel racconto di Longobardi, vittima del clan. L’imprenditore ha ribadito più volte che le forme estorsive attuate nei suoi confronti sono state sempre pagate con fondi personali e mai, nel periodo in cui ha avuto ruoli istituzionali, erano stati concessi privilegi o appalti alle società apparentemente ‘pulite’ dei Ridosso-Loreto. Nessun commento alle dichiarazioni dei due testimoni da parte dei principali imputati presenti in aula e in particolare l’ex sindaco Aliberti, la moglie Monica Paolino, il fratello Nello Aliberti, che insieme all’ex staffista Giovanni Cozzolino, a Roberto Barchiesi, all’ex vicepresidente dell’Acse Ciro Petrucci e ad Andrea Ridosso affronteranno il processo con l’accusa di scambio di voto politico-mafioso, in uno dei filoni dell’inchiesta.
Le dichiarazioni di entrambi i testimoni passano agli atti del processo che inizierà il 6 giugno prossimo dinanzi ai giudici del tribunale di Nocera Inferiore, senza più ‘appello’. La trascrizione dell’incidente probatorio, le parole, i fatti, non potranno essere più cancellati.
Rosaria Federico

Cronache della Campania@2018

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