Uccisero il 18enne che aveva una relazione con la moglie del boss: fine pena mai

Fine pena mai: è questa la richiesta formulata stamane dal pm Antonella Fratello della Dda di Napoli nei confronti di Gaetano Formicola detto o’ chiatto, figlio del boss Ciro di San Giovanni a Teduccio, e di suo cugino Giovanni Tabasco, detto birilinno suo presunto complice. Sono accusati di omicidio premeditato, aggravato dai futili motivi e dalla finalità camorristica. Il processo riguarda l’omicidio del 19enne Vincenzino Amendola fatto sparire da Ponticelli il 5 febbraio del 2016 e ritrovato dopo una ventina di giorni sotterrato in un campo nella zona di Taverna del Ferro Alla sbarra, davanti al giudice Alessandra Ferrigno, c’è anche un terzo imputato, Raffaele Morra, accusato di aver partecipato all’occultamento del cadavere: per lui è stata chiesta la condanna a sei anni di reclusione. I familiari della vittima si sono costituiti parte civile nel processo. Il processo si sta celebrando con il rito abbreviato e gli imputati si aspettano uno sconto di pena da parte del gup. Il cropo di Vincenzino Formicola fu trovato in un terreno di proprietà di Raffaele Morra,che dopo il delitto aveva ricoperto di mattoni per creare una stalla per porci e cavalli. Il ragazzo era stato ucciso il 5 febbraio del 2016 e il suo corpo fu trovato il 26 febbraio sotterrato in una zona di campagna di san Giovanni a Teduccio. La sua unica colpa fu di essersi vantato in giro di avere una relazione con la mamma di Gaetano Formicola. Rapporto che si desume da una serie di telefonate e testimonianze raccolte  nel corso delle indagini e suffragate dalle dichiarazioni del testimone oculare e pentito Gaetano Nunziata. “Il quartiere così dice ma hanno capito una cosa per un’altra”, diceva il figlio alla mamma, riferendosi alla relazione. Poi ci fu un summit, a casa della nonna del ragazzo, madre del papa’, donna con un cognome ‘pesante’ nel panorama criminale. “Fu li’ che fu deciso come doveva morire Vincenzo e per mano di chi”, scrive il magistrato. La sequenza dell’orrore porta direttamente “alle panchine del Bronx a Ponticelli”, quartiere dove era solito stare Vincenzo che fu trovato dai suoi killer la notte del 4 febbraio, portato nella fossa scavata a San Giovanni e li’ ucciso. La ricostruzione del movente, della dinamica delle responsabilità per questa esecuzione e’ stata resa possibile non solo dalle dichiarazioni del pentito che ha partecipato all’omicidio e che ha permesso di ritrovare il cadavere e l’arma utilizzata, gettata una scogliera, ma anche da intercettazioni. Formicola e  Tabasco, dopo un periodo di latitanza erano stati arrestati a Viterbo dove si erano rifugiati. Altri riscontri sono poi arrivati dalle attività tecniche della polizia sul luogo del delitto e sull’ arma per commetterlo, nonche’ da informazioni assunti dai parenti della vittima e da persone che erano presenti nel momento e nel posto in cui Vincenzo Amendola fu prelevato dai suoi sicari per essere condotto al luogo dell’omicidio. Il corpo della vittima, scomparsa il 5 febbraio 2016, e’ stato ritrovato solo il 19 dello stesso mese seppellito in un terreno a San Giovanni a Teduccio interrato a circa 1 metro e mezzo di profondità, coperto da una rete metallica e da travi di legno nonchè da materiali di risulta di lavori edili, tanto che per l’estrazione del cadavere si e’ reso necessario l’utilizzo di un escavatore da parte di personale dei Vigili del Fuoco. A fare scalpore, all’epoca dei fatti, non furono soltanto le notizie sul barbaro omicidio del 18enne, ucciso per fermare pettegolezzi che lo vedevano legato alla moglie del boss Antonio Formicola, ma anche l’immagine che ritraeva giovanissime studentesse all’uscita da scuola che sulla fossa, luogo del ritrovamento di Vincenzo, scattavano foto e selfie.

 

(nella foto da sinistra Gaetano Formicola, Giovanni Tabasco, il pentito Gaetano Nunziato e nel riquadro la vittima Vincenzo Amendola)

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