‘Non è un boss’: solo tre anni di carcere per Ciro Contini

Ha ricevuto un ulteriore sconto di pena in Appello, Ciro Contini, il nipote del boss Eduardo Contini ‘o romano, fondatore dell’Alleanza di Secondigliano.  Il giovane, legato al clan Sibillo di cui era diventato uno dei reggenti, è stato condannato a soli tre anni di reclusione. Pena ancora più lieve per il suo braccio destro Vincenzo De Vivo, che ha rimediato due soli anni di reclusione e che ha dunque potuto lasciare gli arresti domiciliari. I giudici della Quarta sezione della Corte d’appello di Napoli, come riporta Il Roma,  hanno dunque accolto la linea dell’avvocato Giovanni Abet, difensore di entrambi gli imputati. Contini e De Vivo erano finiti in manette nel 2016 con l’accusa di essere i responsabili del pestaggio del loro affiliato Bruno Esposito, il quale, scampato al raid, decise di uscire dal “sistema” iniziando a collaborare con la giustizia. I due dovevano rispondere anche del reato di armi. Nonostante la Procura avesse invo cato per Contini e De Vivo una condanna a 18 anni di reclusione, in primo grado i due imputati riuscirono a cavarsela con soli 4 anni. Con la sentenza d’appello emessa ieri mattina dalla Quarta sezione della Corte d’appello è così arrivata la nuova “sforbiciata”. in primo grado il terzo complice Giuseppe Cozzolino era già stato assolto.

 La polizia aveva arrestato il 16 febbario scorso De Vivo e Cozzolino al termine di un blitz dove furono rinvenute una palazzina di Traversa Marigliano,tra materassi, un divano ed altre suppellettili in stato di abbandono, due valigie di grosse dimensioni con all’interno il mini arsenale composto da armi da guerra, armi comuni da sparo, un giubbotto anti proiettile, una maschera da “softair”, delle bustine contenenti circa 200 grammi di hashish e circa 90 grammi marijuana, un bilancino di precisione, due disturba-tori di frequenze radio e numerosi abiti di colore nero presumibilmente utilizzati per compiere azioni intimidatorie o comunque offensive. In particolare furono sequestrate una pistola mitragliatrice Uzi, due pistole semiautomatiche ed una a tamburo, una bomba a mano proveniente dalla ex Jugoslavia, 710 cartucce di vario calibro e due coltelli con lama da 25 centimetri. Ciro Contini invece fu arrestato nel mese di maggio a Pescopagano in provincia di Caserta. Contro di lui le accuse del giovane pentito Bruno Esposito sfuggito ad una esecuzione lo scorso gennaio perché è riuscito a rifugiarsi all’interno del commissariato San Carlo all’Arena a Capodichino.

Ecco il suo verbale. “Mi feci portare da Ciro Contini 64 chilogrammi di cocaina, acquistati da lui perché intende- vo spacciarla a dettaglio. Lui attualmente è il capo del can Sibillo. L’ho conosciuto tramite Giovanni Licciardi che a sua volta mi fu presentato due anni fa da un mio parente acquisito, Giuseppe De Rosa, affiliato al clan Botta, che opera nel rione Amicizia. Circa due mesi fa Giovanni Licciardi mi presentò Ciro Contini e cominciai a lavorare con lui. Ho acquistato da Contini della cocaina che poi ho rivenduto a Casavatore e nel Nolano. Pagavo 44 euro a grammo. Mi sono rifornito da Ciro Contini due volte: la prima volta ho acquistato duecento grammi e la seconda 64 grammi di cocaina. Ho eseguito con Contini anche altri reati. La settimana scorsa mi ha contattato al cellulare e mi ha detto di andare a casa sua. Mi sono recato da lui che abita in una traversa di Capodichino al terzo piano. Mi chiese di contattare un tale Emanuele di cui non ricordo il cognome e che abita a Casoria perché intendeva fare una riunione con lui. Fissammo l’appuntamento per la sera stessa nello scantinato della mia abitazione, i due si accordarono e decisero di gestire assieme la zona di Casoria. Quel giorno nello scantinato Contini lasciò un trolley con all’interno delle armi che chiamava con il nome delle mie figlie, poi si riprese la borsa. Risolto questo problema mi ha parlato di un altro problema: un mio cliente di Nola, a nome Pietro, acquirente di stupefacenti che poi rivendeva al dettaglio, aveva acquistato da me 110 grammi di cocaina della partita di 200 che avevo acquistato da Contini. Pietro mi doveva versare 5.500 euro in tutto, ma mi ha pagato solo una parte ed è rimasto debitore di 3.400 euro. Ciro ha chiamato Pietro e lo ha minacciato gravemente: se non lo avesse pagato lo avrebbe ucciso e gli avrebbe violentato la figlia. Pietro mi ha richiamato e mi ha detto che non avrebbe pagato per le gravi minacce subite. Io ero legato a Pietro come il cane con il padrone,ha preteso che andassi con altri suoi uomini a fare un pestaggio ad un pusher di piazza Bellini, perché spacciavano senza la sua autorizzazione. Pietro allora si è rivolto ad un esponente dei Moccia per tendermi una trappola. Mi hanno invitato da un barbiere a Casoria e poiché sapevamo che i Moccia non volevano la droga a Casoria, l’ho detto a Ciro e siamo andati all’appuntamento. Lui si è armato e si è fatto scortare da due scooter. Lui ha fatto irruzione nel locale, ha picchiato tutti ed è andato via. Poi c’è stato il sequestro delle armi nel mio scantinato e conti- ni ha pensato che fosse stato mio fratello a contattare i carabinieri. Contini mi ha cercato e sono andato da lui: mi ha puntato un coltello alla gola e mi voleva portare nella stanza delle torture di cui mi ha sempre parlato. Sono riuscito a scappare e sono corso dalla polizia al commissariato San Carlo all’Arena”.

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