Uccise i rivali nel contrabbando, 16 anni al baby killer ‘senz’anima’: uccise Ferrara e Rusciano del clan Moccia sgozzati e fatti a pezzi a Giugliano

Uccisero e fecero a pezzi i due rivali nel traffico del condabbando di sigarette. Lo fecero con inaudita violenza e Aniello I. il baby killer ‘senza anima’ partecipò alle fasi più cruento di quel duplice omicidio. Ieri il Tribunale per i minori ha comminato una pena a sedici anni di reclusione, a fronte dei 24 richiesti, ad Aniello I. accusato dell’omicidio del ras dei Moccia, Luigi Ferrara e del suo braccio destro Luigi Rusciano. Aniello era insieme allo zio Domenico D’Andò, il 31 gennaio del 2017 in un appartamento di Giugliano dove le due vittime furono uccise e poi fatte a pezzi per essere seppelliti nelle campagne di Afragola dove furono ritrovati il 16 febbraio dello scorso anno. Ieri mattina il pubblico ministero del tribunale per i minori ha ricostruito l’azione dei due killer, legato ad interessi economici per il contrabbando di sigarette e non a fatti di camorra. Aniello I, d’altronde è figlio di un contrabbandiere di Acerra e i due rivali trafficavano nello stesso ambito.”Non si è trattato di un semplice omicidio, ma di un vero e proprio accanimento sui corpi delle vittime. Come in un film dell’orrore – ha detto il pm nel corso della requisitoria – gli assassini hanno agito come se non avessero un anima.
Aniello I., difeso dall’avvocato Domenico Dello Iacono, è stato condannato a 16 anni di reclusione. E’ caduta l’aggravante mafiosa, cioè di aver agito per conto del clan Amato-Pagano, al quale è ritenuto contiguo insieme a Domenico D’Andò, l’altro presunto killer di Ferrara e Rusciano.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il duplice omicidio era maturato nell’ambito dei traffici di contrabbando di sigarette. Ferrara era il referente dei Moccia di Afragola e i due assassini, invece, legati agli Amato-Pagano. I due assassini furono incastrati dalle tracce di sangue trovate nell’auto delle vittime e nell’appartamento di Giugliano, in via Casacelle Giugliano, affittato da D’Andò per l’esecuzione dei dei rivali. Dopo aver ucciso Ferrara e Rusciano, i killer di armarono di vernice e pennelli e ritinteggiarono il luogo del massacro ma le tracce ematiche furono scoperte dalla scientifica. I rivali furono sgozzati con un coltello, dopo averli sfregiati erano stati sezionati in venti parti. A terra c’erano stracci imbevuti di acido che avrebbero eliminato le tracce di sangue ma sulle pareti erano rimasti dei residui. Aniello I. aveva sedici anni, ma si comportò come uno spietato killer. Dopo aver fatto a pezzi i due cadaveri con una freddezza e ferocia inaudita, il baby killer insieme a D’Andò mise i corpi in due sacchi di plastica per trasportarli fino ad Afragola dove furono poi ritrovati il 16 febbraio successivo. Ieri mattina, l’imputato era in aula mentre il pm ricostruiva nei dettagli le fasi dell’omicidio. “Leggevo e mi sembrava di assistere a un film dell’orrore, dove non solo si uccide, ma si infierisce immotivatamente su quei corpi, come se chi com­mettesse quel reato non avesse un’anima” ha detto il pm. L’imputato ha assistito impassibile al suo processo come un navigato serial killer che non ha mai avuto un segno di cedimento e di pentimento per le atrocità commesse. Dopo la pronuncia della sentenza si è alzato dallo scranno e si è fatto accompa­gnare al carcere di Nisida, dove sconterà buona parte della sua pena. Suo zio, Domenico D’Andò, che aveva organizzato il delitto e per primo impugnò il coltello per sgozzare le vittime sarà processato mercoledì.

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