‘Quando noi ti chiamiano tu devi correre’, così il clan della 167 imponeva il pizzo ad Arzano. IL CORAGGIO DELLE DENUNCE

Dopo l’omicidio del boss di Arzano, Ciro Casone e dell’innocente Vincenzo Ferrante il gruppo “della 167” legato a Renato Napoleone e quindi agli Amato-Pagano prese possesso della città e cominciò a chiedere il pizzo a tappeto a tutti, dai piccoli ai grandi commercianti. Tutti doveva pagare la rata mensile al clan. Minacce, ritorsioni, attentati che sono continuati fino a tutto il 2017. Poi qualcuno stanco della vessazioni subite ha trovato il coraggio di andare dai carabinieri e denunciare. Alcune di queste denunce sono contenute nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Tarallo che due settimane fa ha portato in carcere il gruppo. A capo del gruppo fu messo Pasquale Cristiano che insieme con Raffaele Liguori, Domenico Russo, Giuseppe Monfregolo, Dario Amirante e Pietro Cristiano passarono al setaccio la città chiedendo a tutti di pagare.

“Sono ragioniere presso la …omissis fabbrica ad Arzano…omissis…-ha raccontato un testimone che ha incastrato il gruppo- e martedì 27 settembre 2016 intorno alle ore 13.32 ho notato una persona che indossava casco ed occhiali scuri da sole parlottare con un operaio nostro che insieme ad altri operai ed ossequiosi delle norme di sicurezza stavano eseguendo lavori di tinteggiatura esterna alla fabbrica. Ho chiesto prima all’operaio chi fosse il soggetto ed avuta risposta che si trattava di una persona a lui sconosciuta e che aveva chiesto chi fosse il titolare della impresa che stesse eseguendo i lavori, mi sono a mia volta avvicinato a tale persona ed ho chiesto cosa stesse cercando; la sua prima risposta è stata IO CERCO LAVORO”. Ho a mia volta domandato che cosa sapesse fare e lui mi ha detto IO MI OCCUPO DI LAVORI EDlLI”. Ho spiegato che non vi era alcun impresa incaricata ma si trattava di nostri operai specialisti in manutenzione. A quel punto, il soggetto mi chiesto,, SAPETE DOVE STATE?”. Ed io ho detto ‘certo ad Arzano’. Il soggetto a quel punto ha con tono di minaccia profferito la seguente espressione:’SE NON VI PRENDETE QUALCUNO A LAVORARE, TRA MEZZORA RITORNO E BUTTO L’IMPALCATURA A TERRA’.
Ho aperto il cancello lasciando che il soggetto andasse via. Ho pensato ad una bravata riferendo comunque l’accaduto alla proprietà….omissis… mentre mi trovavo con la titolare …omissis… nei pressi del cancello di ingresso alla fabbrica, ho visto un soggetto senza casco ed occhiali specchio con capelli corti che avvicinatosi mi ha detto ‘LEI NON MI HA FATTO PIU SAPERE NULLA”. La titolare, ha detto subito ‘Sei tu che sei venuto l’altro giorno?”. Il
soggetto ha risposto affermativamente ed io l’ho rimproverato per il modo con cui si era presentato.
La titolare quando il soggetto ha usato verso di lei l’espressione: ‘VOI AVETE CAPITO CHE STATE A CASA MIA, gli ha detto ‘Sei a casa tua?? Entra allora.
Io mi sono allontanato e dal filmato noto che nel momento in cui il soggetto una volta dentro ha visto il cancello chiudersi, ha scavalcato il medesimo allontanandosi. In quel frangente ho poi saputo essere passata una pattuglia dei Carabinieri prontamente notiziata dalla titolare”. Sia il ragioniere sia la titolare della ditta hanno poi riconosciuto in seguito che era stato Raffaele Liguori a presentarsi nella ditta.
Un altro coraggioso imprenditore di Arzano lo scorso anno aveva presentato denuncia ai carabinieri contro il “clan della 167” Ecco alcuni passi della sua  denuncia: “Sono titolare della…omissis… con sede ad Arzano. Alle ore 11.30 circa di oggi 17 gennaio 2017, ho visto arrivare un’autovettura forse un.a Fiat 500 di colore scuro. Nella stessa vi erano due persone. Delle due, è sceso il passeggero, un giovane dall’età apparente di circa 25-28 anni, con barba e capelli corti, stempiato. Il giovane entrato in ufficio senza neanche salutare ha esordito con l’espressione ” CHI E’ IL PROPRIETARIO? Alla mia risposta sul perché lo volesse sapere egli ha risposto: ‘DEVE VENIRE ENTRO LE TRE DI POMERIGGIO NEL BAR…’. Ho capito che si trattava del Bar …omissis…. Il soggetto ha continuato dicendo che il titolare doveva andare in questo Bar ‘per mettersi a posto con quelli della 167 di Arzano’  e che ove non l’avrebbe fatto loro avrebbero preso provvedimenti. A quel punto ho avuto un sussulto di coraggio e al soggetto ho risposto che il proprietario ero io e che non sarei andato in nessun posto ma al contrario avrei denunciato. Sono poi uscito seguendo il giovane e per questo mi sono anche avvicinato al soggetto in macchina, dalla quasi apparente età anch’egli di 30 anni con barba curata e con lui ho provato a parlare per qualche minuto chiedendogli perché non mi lasciassero in pace. Mi ha risposto tra l’altro: ‘QUANDO TI CHIAMIAMO NOI DEVI CORRERE’. A quel punto anche a lui ho replicato: ‘ALLORA ORA VADO DAI CARABINIERI’. A quella mia affermazione i due si sono poi allontanati senza profferire parola alcuna.
Ho immediatamente recepito stando in commercio da anni che “il mettermi a posto” equivalesse ad una richiesta estorsiva che la criminalità organizzata avanza….Certo ho avuto molta paura ma la recente perdita di un familiare ed i sacrifici immani che faccio per restare in commercio mi hanno dato il coraggio della denuncia. Essendomi trattenuto a parlare accanto alla macchina ho potuto ben osservare i due e pertanto sono in grado di riconoscere i soggetti ove li vedessi in fotografia….”. I due soggetti che avevano fatto la richiesta estorsiva sono stati riconosciuti in Raffaele Liguori e Domenico Russo.

Antonio Esposito

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