Aniello Rivieccio, il sessantesettenne pregiudicato di Torre del Greco arrestato ieri perchè trovato in possesso di ben 41 milioni di euro in banconote false , è tra i “clonatori” dei denaro più esperti d’Italia, dall’alto della sua professionalità come manutentore di macchinari tipografici professionali. Era socio in affari con il “professore” dei falsari, al secolo Giuseppe Angelotti, figura chiave – secondo gli in vestigatori – dell’inchiesta sulle fabbriche di soldi falsi messa in piedi dall’Antimafia tre mesi fa che portò all’arresto di otto persone e al sequestro di altri 28 milioni di euro falsi. Rivieccio era stato posto agli arresti domiciliari, così come il figlio Michele (altro esperto tipografo) e gli altri 6. Gli indagati nell’inchiesta complessivamente sono 49. E a lui si è arrivati seguendo le tracce della precedente inchiesta. Tutto ruota attorno a due episodi: i sequestri di due stamperie di soldi falsi eseguiti dalle Forze dell’ordine tra il 2014 e il 2015. Sequestri avvenuti a Torre Annunziata e all’interno dei locali della Gesam, impresa di espurghi con sede a Castellammare di Stabia. La figura di collegamento tra i “torresi” e Angelotti – secondo il teorema della Procura – sarebbe stato proprio Michele Rivieccio, arrestato ieri, che assieme alla gang di Angelotti avrebbe partecipato anche ad alcune missioni in Romania, altra nazione nella quale sono state scoperte stamperie ritenute riconducibili al presunto sodalizio criminale. Riviec cio – sempre secondo la tesi con Antonio Carillo e i fratelli Visiello rispettivamente un tipografo e due imprenditori ritenuti i vertici del gruppo operante a Torre Annunziata. Rivieccio, per conto di Angelotti, avrebbe messo a disposizione del gruppo i macchinari utili a costruire le stamperie fuori legge. Macchine acquistate nel mercato dell’usato e riciclate per la stampa di valuta falsa.
Secondo gli inquirenti alla base dell’accordo tra i torresi e Angelotti, ci sarebbero stati una lunga serie di incontri all’interno di tavole calde e locali della zona di Pompei e Torre Annunziata. Da qui il via alla collaborazione che secondo gli inquirenti sarebbe stata “certificata” da un’intercettazione telefonica tra Michele Rivieccio e Santo Visiello del 30 ottobre 2013. “Loro hanno detto – afferma Visiello con riferimento all’incontro tra il gruppo e Angelotti – vogliamo essere una famiglia. Voi siete capaci di essere una famiglia con noi? Senza mai tradire padre e figlio?”. Queste parole, associate a una lunga serie di appostamenti che documentano i viaggi di Angelotti sotto al Vesuvio, sarebbero la prova – per la Procura – della collaborazione tra i due gruppi. Da qui sarebbe iniziato il lavoro nelle stamperie clandestine. La prima quella di via Roma, scoperta dalle forze dell’ordine nel 2014 nel retrobottega di un negozio di alimentari della famiglia di Carillo. A gestire l’attività lo stesso Carillo, assieme a Santo Visiello, entrambi poi arrestati nel blitz che portò la finanza a scoprire un laboratorio con all’interno 5 milioni di euro falsi pronti per’ essere’ smerciati e rivenduti.
Per ottenere la massima precisione, il gruppo dei “torresi” avrebbe dovuto fare i conti con una lunga serie di problemi. A cominciare dall’umidità presente all’interno del retrobottega del locale, come più volte ribadito nelle intercettazioni. Passando per la caccia agli inchiostri e alla filigrana precisa per riprodurre soldi quanto più simili possibili a quelli veri. E così anche Angelotti avrebbe fatto la sua parte, presentandosi agli aspiranti falsari. In una intercettazione del novembre 2013 – che sarebbe arrivata a margine di un incontro tra il “re” dei falsari e i torresi. Michele Visiello e Antonio Carillo, quest’ultimo afferma: “Miché noi mo stiamo facendo quello che ci ha detto il professore”. Il professore, per gli inquirenti, è proprio Angelotti che nel corso dei suoi viaggi a Torre Annunziata avrebbe indottrinato gli esponenti del gruppo sull’uso dei materiali e delle sofisticate macchine di stampa. “Questi sono Giotto e Caravaggio”. Non a caso ieri i carabinieri hanno sequestrato anche milioni di euro in banconote da 50 quelle nuove abilmente falsificate, anche se la Banca Europea aveva stabilito che la contraffazione di quel tipo di banconota era difficile. E invece Rivieccio e soci ci erano riusciti. Le banconote avevano dodici seriali diversi e riuscivano a variare sia il codice numerico che il 2plate number” antifalsificazione, il cosiddetto numero di targa, un codice corto (formato da una lettera, tre cifre, una lettera e una cifra) inserito in elementi grafici che variano col taglio della banconota stessa. Un tocco di «classe» per rendere il clone praticamente quasi irriconoscibile. Il tutto riuscendo anche a riprodurre quasi alla perfezione tutti i dettagli al tatto che la Banca Centrale Europea riteneva impossibili da replicare.
Evidentemente, la nuova banconota contraffatta era frutto di uno studio attento di tutte le caratteristiche e aveva portato ad un risultato che, secondo gli esperti, rasentava la perfezione. Se la nuova banconota da 50 euro era pronta per essere “testata” a Napoli, quelle da 100 euro erano già collaudate e hanno caratteristiche più “semplici” da camuffare, con diciotto numeri seriali diversi. In totale erano stati stampati 41 milioni di euro, già pronti per essere immessi sul mercato, anche se al momento erano nascosti nel casolare con tetto coibentato all’interno dei barili sigillati con coperchio a tenuta stagna. Le banconote erano divise in 90 pacchi, accanto a vari cliché: uno serviva per fabbricare banconote da 50, altri due per l’applicazione dei contrassegni sulle stesse banconote. Inoltre, su 23 fogli erano impresse le stampe di prova. Tutto il materiale sequestrato è stato messo a disposizione degli speri della Banca d’Italia e dei carabinieri del comando Nucleo Antifalsificazione Monetaria di Roma che hanno avviato tutte le analisi tecniche. Nel frattempo, Aniello Rivieccio dai domiciliari è stato trasferito nel carcere di Poggioreale.