Camorra, Luigi Moccia: il “Papa” che comandava su tutti da Roma

Per tutti gli affiliati Luigi Moccia era “il papa”, il “signor Moccia”. Era lui che comandava la cosca di Afragola. Una delle più potenti e storiche della camorra in Campania. A lui spettavano le decisioni finali su tutto anche se era in esilio “forzato e volontario” a Roma. Dalla sua casa dei Parioli comandava su tutti e tutto nei comuni a Nord di Napoli confinanti con Caserta. alla sua figura e al suo ruolo sono dedicate molte delle 736 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Tommaso Parrella e che l’altro giorno lo ha portato in carcere insieme con altri 44 tra familiari, capizona e gregari nell’operazione “Levitahn” su disposizione della Dda di Napoli.

Si legge nell’ordinanza: “Luigi Moccia storico fondatore (unitamente al fratello Angelo) del sodalizio in contestazione, un tempo federato al più ampio aggregato camorristico denominato “Nuova Famiglia” – è stato già condannato in via definitiva per partecipazione (con funzioni di capo) all’ organizzazione camorristica denominata Clan Moccia. Negli anni ’90, lo stesso ha inoltre condiviso col fratello Angelo la strategia processuale della “dissociazione dalla camorra” e, nel 2010 una volta scarcerato e sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, ha presentato alla magistratura competente istanza di sostituzione dell’obbligo di soggiorno nel Comune di Roma (adducendo a sostegno proprio la volontà “allontanarsi definitivamente dall’ambiente in cui erano maturate le sue scelte criminali perché non poteva non incontrare, anche in via occasionale, soggetti pregiudicati “) con conseguente trasferimento, a far data dal novembre 2010, nel comune di Roma”.
Ma dalle indagini è emerso che Luigi Moccia  non ha mai reciso i legami con il clan, mantenendoli anzi – anche negli ultimi anni – ai livelli di “eccellenza” del passato.
Gli inquirenti  hanno infatti dimostrato che la “dissociazione” ed il successivo trasferimento a Roma hanno costituito solo un’astuta e lungimirante scelta criminale, con la quale Moccia ha tentato di allentare la pressione investigativa delle forze dell’ordine nei propri confronti e nel contempo, cercato di fornire una falsa immagine di affrancamento dai propri trascorsi criminali. Negli svariati filoni indagine della richiesta cautelare (molti dei quali relativi a periodi successivi a quello del trasferimento a Roma) abbondano infatti i riferimenti diretti e nominativi (da parte di altri affiliati di rango sottoposti ad intercettazione ambientale ovvero di collaboratori di giustizia) verso Luigi Mooccia quale “capofila” di ogni decisione di rilievo nell’ambito del clan, al punto da essere lo stesso  comunemente indicato dai sodali con l’appellativo “il papa” (c’è una intercettazione ambientale datata 14 novembre 2011 nell’autovettura Citroen Cl intestata  Corcione Raffaele – factotum della famiglia Moccia, il quale nel ribadire l’influenza del Moccia ad Afragola testualmente afferma: ” . .. quando stava il Papa qua .. ‘signor Moccia’). Ovviamente la scelta di rendere estremamente “rarefatta” la propria presenza negli affari criminali del clan (grazie all’ attività di “schermo” dei “senatori”) ha influito sul tipo di partecipazione associativa del “Papa” rivolta solo all’essenziale e governata dalla necessità primaria di impedire coinvolgimenti in indagini scomode (occasionate dalla collaborazione con la giustizia di quei soggetti – come ad esempio, Scafuto Salvatore – che, per la loro vicinanza alla famiglia, avrebbero potuto costituire fonte di notizie dirette). In particolare, la perdurante partecipazione (con funzioni di comando) di Moccia Luigi  all’omonimo clan emerge da una lunga serie di vicende come:
– la “nomina” nel 2011 da parte dello stesso Luigi Moccia di Angelino Michele (figlio del senatore Peppe o’ lupo) quale nuovo coordinatore pro tempore e cassiere del Clan “Moccia”;
– il contenuto del pizzino redatto nel marzo 2012 dal “senatore” detenuto del clan Moccia, Favella Francesco (indirizzato al “reggente” di Arzano, Casone Ciro e sequestrato a Favella Maria al termine del colloquio in carcere col genitore) nel quale il predetto Moccia viene indicato (unitamente al defunto Pellino Modestino) come l’unico soggetto legittimato ad assumere decisioni rilevanti per la vita del sodalizio in contestazione;
– la decisione assunta da Luigi Moccia nel 2012 (col parere contrario di Pellino Modestino) di riassegnare un ruolo di primo rilievo in seno al sodalizio all’ allora “senatore” (ed oggi collaboratore di giustizia) Scafuto Salvatore;
– le plurime “imbasciate” su questioni di natura associativa inviate sempre da Luigi Moccia dal “senatore” Tuccillo Gennaro (alI’ epoca detenuto) attraverso i propri familiari e/o alcuni sodali fidati quali Senese Michele ed Antonio (cugini del Tuccillo trasferitisi da
tempo a Roma), Caputo Salvatore e Liberti Domenico. Come ad esempio  la conversazione del 5 dicembre del 2011 in occasione della quale, a fronte di una gestione deficitaria della cassa comune del clan da parte di Angelino Michele, il Tucccillo invitava il genero Castiello a far pervenire le proprie doglianze a “Gigino a Roma”. E ancora le conversazioni del 17.10.11,  del 7.5.12 e del 21.5.12 nel corso delle quali Tuccillo chiedeva ripetutamente ai propri familiari di far pervenire a Luigi Moccia, tramite il gioielliere Liberti Domenico, la richiesta di sostegno economico in favore dell’allora coimputato Giugliano Rosario; o ancora la conversazione del 13.2.12 nel corso della quale, Tuccillo Gennaro, a fronte della mancata percezione dello “stipendio”, invitava i propri familiari, stante il disinteresse del Castiello ed il silenzio del Pellino, ad investire della questione direttamente “Gigino ” Moccia);
– la conversazione captata in data 1.10.12 nell’ abitazione del primogenito del “senatore” Angelino Giuseppe (capozona di Casoria, all’epoca latitante), nel corso della quale il figlio Filippo e la cognata Suberino Mariella, discutendo degli avvicendamenti al vertice del clan, associano la rideterminazione degli assetti delinquenziali locali alle disposizioni impartite da Luigi Moccia, sostenendo che l’ascesa di “o’ Topo” quale capozona di Caivano, – secondo quanto appreso dal latitante – è stata voluta proprio dall’odierno indagato (“quello, per dire il nome di quelli là, Mariella quello è sicuro, ha detto ….Mi ha detto a me, Gigino Moccia mi ha messo a me qua … );
– le convergenti propalazioni accusatorie rese nei confronti dell’odierno indagato dai collaboratori di giustizia D’Angelo Rocco, Di Domenico Marcello, Ambrosio Luigi e Scafuto Salvatore i quali ne hanno confermato la perdurante funzione di comando anche
nel periodo in contestazione, riferendo altresì specifici interventi dallo stesso compiuti in seno al Clan al tine di mantenere gli equilibri tra le sue varie articolazioni territoriali (ad esempio il collaboratore Ambrosio Luigi ha riferito del divieto imposto nel 2009 dall’odierno
indagato a La Montagna Domenico – per il tramite di Angelino Giuseppe – di estorcere denaro al titolare della ditta affidataria del servizio di raccolta dei rifiuti nel Comune di Caivano) e coordinare le strategie difensive per fronteggiare le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (il D’Angelo, ad es., ha riferito di essere stato indotto dal predetto Moccia a fornire false informazioni nell’ambito del processo relativo all’omicidio “Natale” – nell’ambito del quale il predetto capoclan era stato condannato dai giudici di primo grado- affinché lo stesso venisse assolto nel giudizio di appello, evento poi effettivamente verificatosi; l’Ambrosio ha anche aggiunto che, a seguito della predetta ritrattazione del D’Angelo, il Clan Moccia ha iniziato a provvedere al sostentamento del suo nucleo familiare; il Di Domenico ha precisato, a sua volta, di aver ricevuto un’offerta economica dal predetto Moccia nel periodo ricompreso tra novembre 20 Il – data in cui egli aveva interrotto il percorso di collaborazione con la giustizia – ed il maggio 2012 – data in cui ha ripreso a collaborare con gli inquirenti -, circostanza successivamente riscontrata anche dalla conversazione ambientale captata  in data 12.5.14 nell’abitazione del reggente dell’articolazione territoriale di Afragola, Barbato Mariano il quale, nel commentare con alcuni sodali l’arresto del proprio predecessore Luongo Nicola, riferisce anche del “turbolento” pentimento del Di Domenico, ribadendo che lo stesso, dopo aver intrapreso il percorso di collaborazione con la giustizia, lo aveva temporaneamente interrotto – accettando la somma di denaro all ‘uopo offertagli dal Clan – per poi riprenderlo). E quindi scrive il gip: “L’insieme di tali circostanze conferma dunque la perdurante leadership dell’odierno indagato in seno all’organizzazione camorristica in contestazione nel lasso temporale ricompreso tra il 2000 e la metà del 2013. Sussiste, in conclusione, una gravità indiziaria di non comune coerenza ed univocità che permette di affermare non solo la partecipazione di Luigi Moccia all’associazione di tipo camorristico ma anche la sua perdurante funzione di capo”.

 Antonio Esposito

 5.continua

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