Camorra, fine pena mai per il boss: uccise la mamma coraggio che gli sputò in faccia per aver eliminato il figlio

Sputò in faccia a chi le aveva ammazzato il figlio e i Gionta vendicarono l’affronto ucci­dendola mentre tornava a casa dopo aver fatto la spesa al mer­cato del venerdì. ma per l’esecutore materiale di quell’ennesimo feroce omicidio di una vittima innocente di camorra è arrivata la sentenza: fine pena mai per Umberto Onda detto “Umbertino” ex reggente del clan Gionta, arrestato a Brindisi nell’estate del 2010 mentre scendeva da un traghetto proveniente dalla Grecia dove aveva trascorso le vacanze. Onda fu protagonista lo scorso anno di un clamoroso gesto di protesta in carcere contro le cattive condizioni del regime detentivo del 41 bisstringendosi una cintura al collo e inscenando un finto suicidio. proprio davati alla guardie penitenziarie.
E’ accusato di aver ucciso Anna Barbera,trucidata a 63 anni, il 12 marzo del 2004, mentre era in auto in via Vesuvio al confine tra Trecase e Torre Annunziata.
Stessa pena per il complice Alfonso Agnello detto chiò chiò, noto per essere stato il primo accusato (poi scagionato da un vigile urbano di Castellammare che lo multò ) dell’omicidio di Giancarlo Siani, il cronista del Mattino ucciso nel 1985.
Lui è stato condannato perché ritenuto tra i responsabili dell’omicidio di Vincenzo Amoretti, alias “banana”, 25enne affiliato al clan Gallo-Cavalieri, ucciso nel sonno il 24 aprile 2007 dal commando di finti poliziotti.
Ad emettere la sentenza ieri i giudici della Corte d’Assise di Napoli (presidente Alfonso Barbarano). Anna Barbera era la mamma di Umberto Ippolito, ucciso dal clan Gionta il 22 febbraio 1994.
L’uomo avrebbe dovuto testi­moniare nel processo a carico di Luigi Limelli, all’epoca boss del clan di Boscotrecase attiva nel traffico e nello spaccio di droga. Del delitto si auto-accusò il pentito Salvatore Barbuto.
In occasione di un’udienza del processo a suo carico la donna gli sputò contro mentre erano davanti il Tribunale. Offesa punita con il sangue. La donna venne af­fiancata da due sicari in moto mentre era a bordo della sua Fiat 500. Due colpi di pistola calibro 9 luger alla tempia. Precisione chirurgica da killer. Onore del clan.
Decisive per la ricostruzione dell’omicidio di Anna Barbe­ra sono state le dichiarazioni del pentito Aniello Nasto alias quarto piano, che si autoaccusò di avere materialmente partecipato delitto (ha scelto poi di essere processato con rito abbreviato) e indicò in Umberto Onda, all’epoca dei fatti latitan­te, colui che sparò.
Ecco cosa raccontò nel 2007: “Una volta ricevuta l’imbeccata io e Umberto ci ponemmo sulle tracce della vittima. Io guidavo un ciclo­motore Honda Sh 150 di colore blu di provenienza furtiva, procurato dallo stesso Umberto Onda. Sapevamo il percorso che avrebbe fatto Anna Bar­bera per ritornare a casa e la raggiungemmo. Accostai l’auto della vittima e Umberto Onda esplose in corsa due colpi di pi­stola”.
Sarebbe stato il fratello di Umberto Onda, che in quel periodo si nascondeva a Torre Annunziata per sfuggire aliarresto, a far incontrare Nasto e il killer.”Un venerdì mattina – raccontò il pentito Nasto- mi trovavo in via San Francesco di Paola nei pressi della chiesa di via Roma e venni chiamato da Arturo Onda (fratello di Umberto Onda, ndr) il quale mi disse di andare con lui perché mi doveva portare da Umberto, all’epoca latitante per un resi­ duo di pena”.
Oltre a Onda e Agnello sono finiti a processo per questo de­litto altri nomi eccellenti dei Va­lentini: il boss Pasquale Gionta ‘o chiatto ritenuto il mandante. e Michele Palumbo alias munnezza ora collaboratore. Hanno tutti scelto l’abbre­viato e sono stati condannati in primo grado.

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