Delitto Vassallo, si valuta la posizione di due di Secondigliano. Il dna scagiona il ‘brasiliano’

Pollica. Non era sul luogo del delitto la sera in cui è stato ucciso il sindaco Angelo Vassallo: svolta importante nelle indagini per l’omicidio del sindaco pescatore avvenuto il 5 settembre del 2010. L’esame del Dna disposto dalla procura di Salerno nei confronti di 94 persone tra le quali anche Bruno Humberto Damiani, il ‘brasiliano’ indagato, per il delitto di sette anni fa lo scagionerebbe. A darne notizia l’avvocato dell’italo-brasiliano, Michele Sarno, mentre il giovane è in carcere per spaccio ed estorsione e iscritto nel registro degli indagati – insieme ad altre tre persone – per l’omicidio del sindaco di Pollica.

Gli esami comparativi escluderebbero la presenza di tracce biologiche riconducibili a Damiani, ma si attende il deposito degli atti che avverrà a settembre. La difesa si prepara a chiedere la cancellazione del nome di Damiani dal registro degli indagati per questo reato, ma la prova del Dna dimostrerebbe – così come avvenne per l’esame stube fatto nell’immediatezza del delitto – solo che Bruno Humberto Damiani non ha sparato.

Il movente, per i pm della Procura di Salerno Rosa Volpe e Marco Colamonici, resta quello della punizione per il contrasto all’attività di spaccio nella frazione di Acciaroli messa in atto da Angelo Vassallo nell’estate del 2010. Vassallo, dicono i testimoni, quell’anno affrontò a più riprese dei giovani spacciatori invitandoli a lasciare il paese.

La posizione di Damiani, arrestato poi proprio per l’attività di spaccio nel Cilento, nell’ottobre del 2011 resta al vaglio della Procura salernitana che sta valutando anche le accuse nei confronti di due napoletani del quartiere di Secondigliano che avevano interessi nell’attività di spaccio a Pollica-Acciaroli in quel periodo. 

A ottobre del 2011, da un’indagine-costola del delitto Vassallo, si arrivò all’arresto di cinque persone Bruno Humberto Damiani era tra questi ma nel frattempo era andato in Brasile da dove è stato poi estradato anni dopo. Ma insieme a Damiani c’erano personaggi che non sono mai uscita dal cerchio per le indagini dell’omicidio Vassallo. L’ex cuoco del ristorante gestito da Antonio Vassallo, figlio di Angelo, dopo la morte del sindaco fece i nomi di coloro da cui si poteva acquistare la cocaina in quel periodo. Lui e altri testimoni, insieme alle indagini dei carabinieri, furono determinanti nell’arresto di Lorenzo Conforti, detto «o lercio», Bernardo La Greca, Gabriele Pisani, Gerardo Radano, detto «il fantino» e Bruno Damiani, appunto. E poi in quell’inchiesta finì anche l’ex fidanzato della figlia di Angelo Vassallo, Francesco Avallone che fu indagato dalla Procura per aver fatto da ponte tra assuntori e spacciatori. Lorenzo Conforti di San Giorgio a Cremano e Gabriele Pisani, all’epoca residente a Napoli ma gestore di un negozio di telefonia a Pollica, erano i referenti di Damiani – secondo gli inquirenti – la droga arrivava a Montecorice, paese di origine di Radano, e da lì trasportata in barca nel porto di Acciaroli per evitare controlli lungo le strade del Cilento. Un traffico che Angelo Vassallo tentò di fermare anche perchè era diventato un pericolo per molti giovani a lui vicini.

Il movente del delitto Vassallo, seguito dalla Procura antimafia di Salerno, è rimasto sostanzialmente invariato in questi anni ma le indagini ‘certosine’ dei carabinieri del Ros, mai chiuse definitivamente, non hanno portato fino ad ora a individuare con certezza mandanti e esecutori. Un delitto che è diventato un intricato ‘cold case’ nel quale non è mancato l’ingresso – di volta in volta – di personaggi particolari: eccellenti, pentiti, boss, border line, ma anche insospettabili. Resta il fatto che a sette anni da delitto di Angelo Vassallo comincia a vacillare anche uno dei presupposti più importanti per la procura di Salerno: il coinvolgimento nell’uccisione di Angelo Vassallo del ‘brasiliano’ Bruno Humberto Damiani. Lui non ha sparato.

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